Chiesa di Maria Vergine Assunta

caraglio Parrocchia

La chiesa della Maria Vergine Assunta, posta al centro del paese, è documentata con funzione prevalente sulla Chiesa di San Giovanni Battista già a partire dal 1350. Dalla visita apostolica del 1584 risulta che questa chiesa avesse sei altari. Dalla fine del Medioevo, Caraglio, aveva tre chiese parrocchiali, di cui nessuna rispondeva pienamente allo scopo, la più centrale e frequentata era Santa Maria, ma era piccola e soffocata dalle case vicine e fatiscenti, la più alta Chiesa di San Giovanni Battista e la più decentrata Chiesa dei Santi Pietro e Paolo. La presenza di queste, ci indica chiaramente che l’origine della prime comunità cristiane nel territorio deve essere fatta risalire ai primi secoli dopo Cristo.

La Pieve di Caraglio aveva una giurisdizione molto ampia nella Valle Grana e Maira e su un largo tratto di pianura tra lo Stura ed il Maira fin verso Centallo.

Negli ultimi anni del Medioevo, all’interno del distretto della Pieve, sorsero altre chiese con diritto di battezzare e la Pieve si trasformò in Parrocchia.

La Chiesa di Santa Maria era a struttura romanica a capanna con tre navate, una centrale un po’ più sopraelevata e due laterali, l’ingresso si trovava a ovest in modo che i fedeli riuniti per le funzioni religiose avessero il volto rivolto verso est. L’asse centrale parallelo all’attuale via Angelo Brofferio, strada principale del paese. Non aveva facciata, perché a ponente era attigua all’abitazione del marchese di Caraglio, dove sorge l’attuale casa canonica. L’ingresso era dato da due porte, una più alta e grande dell’altra, che si aprivano sul fianco della navata verso la strada principale, dove sul lato opposto sorgeva l’antico palazzo comunale. La chiesa era dotata di un campanile con tre campane, di proprietà della comunità, aveva un fonte battesimale, ma non aveva un cimitero annesso essendo all’interno della cinta muraria. Non aveva una casa canonica, il parroco, che era unico per le tre chiesa, risiedeva presso la Chiesa di San Giovanni Battista.

La chiesa era chiusa fra le mura delle case circostanti, quindi con scarsa aerazione e poca luce, vi erano poi numerose infiltrazioni di acqua piovana che scolava dalla collina del Castello, era dunque molto umida e malsana. Il nuovo parroco venuto in paese nel 1753, Don Antonio Gatti, vide prossimo il pericolo di rovina e nel 1754 assistete al pauroso crollo di un pilastro, che trascinò con se due arcate e compromise seriamente due volte attigue. La chiesa rimase chiusa per due anni e, riparata alla meglio, due anni dopo fu riaperta al culto. Nel mentre quindi il pievano la fece puntellare e iniziò qualche restauro, il Comune però ritenendo quei lavori inadeguati e dannosi presentava a Torino una rappresentanza contro le ristrutturazioni che il vicario stava facendo. Si incaricò allora l’ing. Banges di studiare un progetto organico per una nuova sistemazione; il progetto comprendeva la chiesa e la canonica nuova fu approvata dal Comm. Bertola, ingegnere del Re per le fortificazioni del Piemonte, ma non dall’intendente generale di Cuneo e del Senato di Torino perché troppo dispendioso e impossibile da finanziare.

Si comprese quindi la necessità di ridurre il progetto entro dei limiti più ragionevoli e di preparare una base sicura per finanziare la costruzione, si pensò così di rimandare la costruzione della canonica in un secondo tempo e si iniziò una sottoscrizione per il fondo iniziale utile a coprire le prime spese. Si diede quindi l’incarico a due ingegneri Pio Eula di Cuneo e Gabriele Maria Delfino di Caraglio di progettare la liberazione dell’area per la costruzione. Si trattava tuttavia di abbattere la piccola chiesa di Santa Maria col portico annesso, di acquistare e demolire alcune casette vicine e di allungare l’area così ottenuta rodendo un po’ della roccia vicino al colle del castello. Il progetto presentato fu così approvato nel 1765.

L’allora Arcivescovo di Torino Mons. Francesco Lucerna Rorengo di Rorà, venuto in Caraglio, encomiò i progetti che promise di far esaminare a Torino da architetti di valore e elargì indulgenza di 80 giorni a chi contribuiva con opere e con denaro, dando licenza di lavorare per la chiesa anche in giorno festivo con un decreto del 28 luglio 1770. Come direttore della nuova opera veniva posto Claudio Olivario. A Torino l’architetto Conte Vincenzo Nicolis di Robilante esamino con cura i progetti presentatigli ed approvò quello stilato da Pio Eula sulla preparazione dell’area costruenda, quanto alla chiesa propose un nuovo disegno per cui la chiesina preesistente sarebbe stata inglobata nella nuova, a garanzia di una buona costruzione ed interpretazione del suo disegno pose per condizione che il lavoro fosse affidato al suo collaboratore l’ing Pietro Bonvicino. Il disegno piacque all’Arcivescovo e pure ai caragliesi che con entusiasmo attendevano l’inizio dei lavori. Nell’autunno del 1770 venne sul posto l’ing. Bonvicino con i capomastri Castelli, fu segnato il tracciato dell’opera e si stabilì che nell’inverno si sarebbero abbattute le case a demolirsi col concorso gratuito della popolazione.

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La costruzione prese avvio tra il 1770 ed il 1771, ma nel 1773 venne sospesa per mancanza di fondi. I lavori ripresero nel 1777 e nel 1779 fu consacrata dall’arcivescovo di Torino. Nel 1817 venne rifinita la facciata dopo che il comune aveva demolito la vecchia casa comunale, ampliando la piazzetta. Nel 1820 venne affidata la decorazione della volta al pittore Emina. Nel 1823 lo stesso Emina decorò le cappelle laterali e venne realizzata la sacrestia. Nel 1827 fu arredato il coro e nel 1861 venne realizzato attuale altar maggiore con il pavimento in marmo del presbiterio.

La costruzione che tutt’oggi si può vedere ha del neoclassico, diversa invece è la facciata che si presente con una tinteggiatura non indicata allo stile, fu infatti ricostruita e rimaneggiata con il campanile nel 1912. La chiesa è a una sola navata, con i fianchi sfondati da tre cappelle per lato a pianta rettangolare, terminante in un’abside a ferro di cavallo. Sul lato sinistro si trovano le cappelle di San’Anna e San Biagio, quella del Rosario e quella di San Francesco di Sales. Sul lato destro si trovano le cappelle del Suffragio, di San Giuseppe e quella del Comune, così denominata per la presenza dello stemma di Caraglio. In alto ventisei lesene, con capitello corinzio sostengono un cornicione di tipo classico a mensole. Degli archi a pieno centro trasversali dividono la volta a botte con lunette in corrispondenza delle finestre in diversi scomparti, meno l’abside che è coperta da un semicerchio ornato di costoloni. Il vano è abbondantemente illuminato da otto grandi finestroni aperti sotto la volta e dall’apertura della facciata. La facciata si innalza su pianta curvilinea ed è formata da un corpo avvanzato, nel cui centro si aprono la porta ed il finestrone, fiancheggiati da due lati convessi che corrispondono alle cappelle laterali. Questi rientri sono forati da due lunghe finestre. Un piccolo pronao formato da due colonne e da un frontone triangolare inquadra la porta, mentre altre due colonne a sei lesene movimentano il prospetto e sostengono il timpmano frastagliatissimmo ed irregolare che segue il movimento della facciata e su cui poggiano alle due estremità rientranti, due fiamme per parte. Si accede alla chiesa mediante una scalinata in pietra formata da cinque gradini che nella sagomatura si ispirano al movimento del prospetto. Il campanile è formato da tre piani diversi: il primo molto sviluppato, il secondo che corrisponde alla cella campanaria, aperto da quattro finestre ad arco a pieno centro, con angoli smussati, il terzo piccolo dove risiede l’orologio e su cui poggia un cupolino che termina in una lanterna di mediocre effetto.

Fonte

  • “Da Pieve di Santa Maria a Parrocchia di Maria Assunta a Caraglio” a cura di Lidia Armando – Edizioni L’Arciere 2000
  • “La Chiesa di M. V. Assunta Caraglio” 2011
  • Portale Citta e cattedrali

 

Bibliografia